[indietro]


 

Intervista di Alessandro Buttitta al regista Ivan Silvestrini

L'Italia sta subendo una shock-therapy sociale e politica

 

“Distrazione di massa, dissuasione, distopia, disobbedienza. I temi portanti di ‘Under The Series’ iniziano tutti con Dis-, un prefisso che indica privazione e negazione. Non credo che sia un caso”. D’altronde cosa può dire Ivan Silvestrini, regista di questa innovativa e sperimentale serie da poco lanciata sul web, che porta nel 2025 in un’Italia allo sbando, dove l’ordine viene garantito da un’Autorità provvisoria militarizzata che punisce i sovversivi e rivoluzionari facendoli scontrare fra loro in un reality show senza esclusione di colpi.

Tanti rimandi al presente, un’ansia costante per il futuro incerto ma soprattutto grande preoccupazione per un passato che può ritornare da un momento all’altro, con rimandi non troppo velati agli Hunger Games che hanno visto come protagonista Jennifer Lawrence al cinema.

Con Silvestrini, regista dal curriculum votato alla sperimentazione (la web serie “Stuck”, il film “Come non detto”, il prequel web “Una grande famiglia – 20 anni prima”), abbiamo parlato di “Under The Series” approfondendone le tematiche ed evidenziando la particolare storia produttiva che sta dietro le sue dieci puntate.

 

La serie racconta la crisi contemporanea, portando alle estreme conseguenze una situazione sempre più insostenibile. Che ne pensi a riguardo?

Under raccoglie un po’ lo spirito del tempo: la paura è sempre presente nella nostra società, l’instaurazione di un regime totalitario in Italia è dietro l’angolo. Credo che la paura, uno dei temi portanti della serie, sia sapientemente installata da chi detiene il potere. C’è un costante senso di precarietà, non si guarda positivamente al futuro, non ci sono certezze; ognuno di noi è in bilico, non ha chissà quali sicurezze o prospettive davanti a sé. Queste condizioni sono perfette per far sorgere una dittatura. Non succederà oggi né domani, ma fra qualche anno chissà… Ci sono riflussi storici che vanno tenuti d’occhio. Stiamo vivendo sulla nostra pelle una shock therapy: più siamo impauriti e traumatizzati, più siamo disposti ad accettare quello che ci viene proposto.

Lo sguardo è sempre molto critico verso il potere…

Under porta avanti questi temi, come si evince dalla storia. A causa della crisi economica, in Italia le istituzioni sono crollate, c’è stata un lungo periodo di anarchia e poi, visto lo scoramento delle forze in campo, si sceglie di affidarsi a un leader carismatico. C’è molto di contemporaneo nella serie: da come i giovani vivono il precariato a in che modo il potere si dà un volto.

 

Una delle frasi simbolo di queste due puntate è che “gli intellettuali non dureranno molto a lungo”. La situazione è così compromessa, a tuo avviso?

Uno dei segni che presagiscono l’avvento della dittatura è proprio la denigrazione degli intellettuali. Oggi la parola intellettuale viene percepita come sinonimo di snob, fastidioso, presuntuoso. Questo è molto pericoloso: c’è una costante delegittimazione che personalmente mi fa molta paura. A persone di questo tipo, con un certo livello culturale e morale, andrebbero affidate le sorti di questo paese. Così non è, come si può vedere soprattutto sul web.

 

Mi sembra che ci sia una dura presa di posizione a questo riguardo. Che ne pensi della rete?

Sul web c’è una brutalizzazione della democrazia digitale. C’è un’insofferenza verso tutto e tutti, penso verso i giornali ad esempio, che è inquietante. Il pericolo di uno sbandamento è molto presente: non si può dire estremizzando che uno vale uno o che è tutto è relativo o che ognuno può esprimere la propria opinione nei modi e nei termini che ritiene opportuno. Credo comunque che tutto questo sia anche dovuto anche a decenni di politica che hanno incentivato una certa ignoranza nei cittadini.

 

Ritorniamo a Under e alla sua realizzazione: ci sono tanti esordienti, ma anche volti noti. Penso a Gianmarco Tognazzi o Chiara Iezzi del duo musicale Chiara & Paola…

Abbiamo fatto casting online, provini e così via. Alcuni attori li abbiamo scelti per amicizia o perché siamo sempre rimasti in contatto. Penso a Tognazzi, uno che ha sempre voglia di sperimentare. Chiara Iezzi invece è una scommessa che penso riuscita: avevo letto che aveva voglia di abbandonare un po’ la musica e che si voleva cimentare nella recitazione. Ho pensato che il ruolo di dark lady in Under fosse ideale per lei!

 

La genesi di Under è particolare: è il primo esperimento cross-mediale fra web serie e romanzo. La storia si riallaccia al romanzo omonimo di Giulia Gubellini, edito da Rizzoli e attualmente in libreria

Sì, l’idea di questa web serie nasce dalla casa editrice che ha voluto trovare una formula alternativa alla promozione del libro. Invece del book trailer hanno deciso di puntare su una web serie, dato che la storia e la narrazione erano ideali per tentare questa strada. Dopo avermi notato in Stuck e Come non detto, i miei precedenti lavori, mi hanno chiesto di immaginare una web serie. Le mie idee son piaciute senza se e senza ma, ed eccoci qua.

 

Le web serie stanno prendendo sempre più piede. Tu sei uno pionieri con la tua Stuck.

Sì, il fenomeno sta diventando dilagante. Io appartengo alla prima generazione di youtuber, quella per intenderci di Freaks, dei Pills, dei Jackal. Abbiamo sperimentato, in modo diverso, e ora stiamo raccogliendo quanto seminato. Dei nuovi consiglio di seguire Vincenzo Alfieri, autore di Forse sono io.

 

A livello produttivo si può essere competitivi con una web serie?

I budget per le web serie sono ancora bassi, è innegabile. Penso che per realizzare Under sia stato speso poco di più di quanto previsto normalmente per un book trailer. Le cifre, se confrontate con quelle del cinema e della televisione, sono veramente irrisorie. Tuttavia l’attenzione sta crescendo, si sperimenta molto ma, a mio avviso, le web serie saranno sempre più di sopporto al consolidamento di brand veicolati già dai media tradizionali con spin-off, prequel e quant’altro. Questa situazione ci sarà fin quando la pubblicità non sosterrà tutto quanto. Che gli utenti paghino per guardare una web serie in Italia è al momento fuori discussione.

 

Il futuro non è dunque Youtube?

Youtube dà tanto ma prende anche tanto. Chi produce e realizza web serie sa benissimo che i guadagni provenienti sono veramente bassi. Io lo ringrazierò sempre, è un’ottima vetrina, capace di darti tantissima visibilità, ma in futuro penso che chi vuole far business sul web si allontanerà da lì.

 

Alessandro Buttitta, l'Huffington Post

 

 

 

 

 

image


image